Fuori dell'Essere non può esistere nulla, perché il non-essere, secondo logica, non è, per sua stessa definizione.
Il pensiero è la via maestra per cogliere la verità dell'Essere: «ed è lo stesso il pensare e pensare che è. Giacché senza l'essere ... non troverai il pensare»,[1] a indicare come l'Essere si trovi nel pensiero. Pensare il nulla è difatti impossibile, il pensiero è necessariamente pensiero dell'essere di qualcosa.
Per la necessità di giustificare la molteplicità delle idee nel mondo della perfezione e quindi come fosse possibile la coesistenza di una molteplicità di esseri - implicante il divenire contingente - con la perfezione delle singole idee, Platone dimostra la possibilità di una coesistenza di essere e non-essere, senza che questo introduca il divenire, sostenendo che ciascuna idea è quella che è (essere) ma che nello stesso tempo non è (non essere) nel senso che è diversa (essere) da tutte le altre.
Infatti «Le cose sono e insieme non sono nella loro partecipazione all'essere».
Con l'avvento dei sofisti la polemica sull'essere e sul non essere viene messa da parte dichiarando che ciò che conta per la filosofia non sono queste astratte discussioni ma ciò che procura vantaggio per l'uomo «misura di tutte le cose».
Dopo un lungo intervallo la riflessione sul nulla riemerge nel neoplatonismo che rilevava come la polarità di tutte le cose del mondo, costituita dalle due estremità, permetteva di stabilire un rapporto dialettico tra di esse, essendo l'una il negativo dell'altra. Ad esempio, la verità (assunta come il polo positivo) diventava definibile tramite il suo negativo, ovvero la falsità.
Così, pur affermando che l'ente supremo, l'Uno si trova al di là di tutto, persino del pensiero logico, il sistema neoplatonico non intendeva presentarsi come un mero salto nell'irrazionale o nell'intuizione mistica, ma diventò anzi quella corrente filosofica che ha fornito al pensiero occidentale lo strumento critico della teologia negativa.
L'Uno è indefinibile di per sé, in quanto se definito verrebbe delimitato; ma ci si può avvicinare a Lui dicendo piuttosto ciò che l’Uno non è, eliminando cioè tutti quegli attributi che altrimenti lo renderebbero finito: non è volontà, né atto morale, né coscienza. L'Uno, Dio, non ha alcuna caratteristica: come nel pensiero aristotelico la materia prima era definita assoluta privazione di forma così l'Uno è superiore e non riconducibile all'Essere per cui, come verrà detto dal mistico tedesco J.Böhme, esso è il Nihil aeternum (Nulla eterno).
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